ecco il secondo episodio della sga scritta da me fatemi sapere se vi piace
 
 
 
 
 

18– Il figlio di Folken-

Padre … guardo le valli di Asgardh che, nel buio della notte, sono illuminate dai fuochi di guardia e non posso fare a meno di pensare a te: il Prode Folken di cui io sono indegnamente considerato il figlio.

La musica della mia arpa si diffonde, dolce, nell’aria. Alla fine avevi ragione tu, nel mondo in cui viviamo è necessario essere forti per se stessi, e soprattutto per proteggere chi è indifeso e in fondo la musica può ben conciliarsi anche con questa realtà. Come ho fatto a non capirlo prima? Era davvero necessario tutto questo perché raggiungessi tale consapevolezza? Era davvero necessario che ti perdessi, padre, per arrivare a comprendere l’importanza dei tuoi insegna­menti? Che levassi la mano assassina su di te … io che tu hai cresciuto e amato come un figlio?

La mia mano scivola sulla corda, una stila di sangue mi tinge di rosso le dita, appoggio il capo al vetro dalla finestra sul cui davanzale sono seduto, è gelido, chiudo gli occhi e aspetto.

Che cosa? Delle risposte? Le risposte che conosco già ma che non ho il coraggio di darmi?

Nel momento stesso in cui ho rincominciato a calcare queste terre con piede mortale ho dovuto fare i conti con i miei peccati, ma guardare negli occhi l’assassino che dorme dentro di me è una prova troppo difficile.

Padre … è vero nelle mie vene non scorre il tuo stesso sangue ma … come posso accettare di aver calpestato il vincolo dell’amore così impunemente?

Ho sempre negato il profondo amore che ci univa e che mi ha visto crescere alla tua ombra, tu come padre e maestro io come figlio ed allievo, ho dimenticato la soddisfazione dipinta nei tuoi occhi quando mi vedevi crescere in forza ed in spirito, ho dimenticato i momenti passati accanto al camino bevendo idromele parlando sommessamente nell’intimità che può unire solo un padre e un figlio.

Oh come può la vendetta portare a tanto? Come può accecare il cuore di un uomo tanto da spingerlo a levare la mano assassina sul suo stesso padre? Perché? Perché me lo hai permesso? Perché mi hai permesso di versare il tuo sangue?

Domande … e risposte che conosco già, che conosco troppo bene per negarle.

A volte il dolore per il peso delle mie azioni rischia di trascinarmi nuovamente nel vortice della follia, ma non sarà così saprò far prezioso tesoro della forza che mi hai lasciato in eredità, e saprò essere degno di te proteggerò questa terra anche a costo di risvegliare l’assassino che dorme nell’angolo più remoto della mia anima.

Il giorno sorgeva grigio dietro le montagne, mi sveglio intirizzito dal freddo, accanto ala finestra della mia stanza, la apro e lascio che il vento gelido mi scompigli i capelli, rammento quante volte tu abbia compiuto questo semplice gesto per esprimere la tua soddisfazione e lascio che il mio sguardo spazi sempre più lontano verso e oltre le montagne tra le ultime ombre della notte che vanno dissolvendosi nell’argentea luce dell’alba

10- Messaggero-

Era una sera strana, il sole da poco tramontato aveva versato la sua luce rosso sangue sulle montagne all’orizzonte, dalle quali ora stava lentamente scendendo verso le valli imbiancate dell’ultima neve. La Luna del Risveglio stava, infatti per scomparire e la Luna del Ritorno alla Vita stava per mostrarsi del tutto.

Stavo ammirando questo splendido quanto sinistro tramonto, quando udii una voce sommessa alle mie spalle: “Syd di mizar? Signore?”

Mi voltai e mi trovai di fronte ad un giovane soldato dalla ribelle chioma biondo rame e dagli scaltri occhi color nocciola che riconobbi essere Hans figlio di Heikki. Il giovane Hans era venuto a comunicarmi che la nostra fulgida sovrana mi aveva convocato, con urgenza, per discutere con me una questione della massima importanza.

Partii, quando la Luna del Risveglio si fu celata tra le pieghe del manto della notte, durante la notte oscura, verso l’accampamento dei fratelli rinnegati con una missiva, era questa la missione affidatami dalla regina di Asgardh. Mi voltai a guardare per un ultimo istante le torri del palazzo del Walhalla celate nell’oscurità. Là, celato tra le ombre che avvolgevano la mia amata città, si trovava mio fratello, l’ombra che mi aveva sempre protetto rendendomi pressoché invincibile, ora però non era con me, non poteva essere con me.

Quando lo informai della mia missione e del fatto che non avrebbe potuto seguirmi si limitò a guardarmi in silenzio, con il viso celato dalle ombre come sempre, come se avesse timore di mostrarsi ai miei occhi con la luce di fronte, o forse era solo che avendo passato nell’ombra tutta la sua vita non riusciva ad affrontare la luce del sole?

Questo pensiero mi fece rabbrividire più del vento gelido che sferzava la valle e mi frustava il viso, provai un senso di profonda indignazione, non riuscivo a provare rabbia di fronte a quello che era stato il destino di mio fratello e della mia famiglia, la rabbia è un sentimento troppo puro ed intenso per rivolgerla verso un mondo tanto falso e corrotto, come quello che ha costretto i miei genitori a scegliere tra me e mio fratello Bud, separando due gemelli e distruggendo per sempre la felicità di una famiglia. Ricacciai questi pensieri, ora dovevo concentrarmi sulla mia missione. Udii un lieve fruscio alle mie spalle, la mia mente corse subito al pensiero di mio fratello

Che mi abbia seguito?” Mi chiesi, ma sapevo che ciò era impossibile gli avevo imposto di non farlo poiché il rischio di essere scoperti era troppo grande. Non sapevamo, infatti, quali fossero le conoscenze e gli eventuali poteri dei nostri nemici, dato che potevano governare gli spiriti inferiori della terra.

Vidi in lontananza il loro campo. A giudicare dalle dimensioni doveva trattarsi di un’avanguardia. Era composto di circa cinquanta tede racchiuse all’interno di un doppio cerchio di fuochi, per ogni fuoco erano di guardia due sentinelle armate di lance e protette da armature che brillavano lucide nel buio. Varcai l’ingresso di quella piccola cittadella, uno spazio lasciato libero tra due bastioni fiammeggianti e contrassegnato da due alti totem sulla cui cima ondeggiavano lunghe code di crine di cavallo, nere come il cielo sopra di loro.

Fui scortato da quattro sentinelle che, armi in pugno, mi seguivano come ombre. Mi scortarono alla tenda del loro comandante, era una tenda a padiglione circolare nera e rossa, con una tettoia smerlata che si protendeva sull’ingresso, dove erano poste di guardia due guerrieri i cui volti erano celati da pelli di lupo.

Entrai ad un loro cenno e mi trovai in un ambiente ampio e ben arredato, date le circostanze. Il pavimento era interamente ricoperto di pelli di lupo sulle quali erano posti, un tavolo dove erano ammucchiate alcune mappe dei territori, alcune casse dove erano adagiati dei vestiti chiaramente femminili e un tavolo imbandito. L’uomo con cui evidentemente dovevo parlare stava comodamente seduto tra morbide pellicce, in fondo alla tenda, e teneva tra le braccia una donna dalla chioma fiammeggiante il cui corpo languido era coperto solo da un succinto abito di velo adorno di medaglie e campanelli, che mandavano bagliori dorati alla luce delle tante candele che splendevano all’interno della tenda. Al contrario di noi che non osavamo accendere fuochi non purificati dalle erbe, se non per necessità, costoro non sembravano temere le “Fiammelle” che danzavano liberamente nell’ambiente.

Recapitai il mio messaggio, cercando di ignorare la fanciulla che ora si muoveva languida nella tenda, portando una coppa di vino al suo signore. L’uomo che avevo di fronte mi studiò per qualche istante, gli occhi violetti fissi su di me, inclinò il capo perplesso, una ciocca dei capelli quasi bianchi gli scivolò sensualmente sugli occhi mentre la giovane donna dai capelli rosso fuoco gli sussurrava qualcosa all’orecchio; poi dichiarò di accettare la proposta della Regina di Asgard di un pacifico incontro per trattare le condizioni che avrebbero evitato la guerra. Il mio istinto, però, non mi lasciava tranquillo, qualcosa nel profondo nella mia mente, come una strisciante consapevolezza, mi diceva che nei suoi oscuri pensieri celava una trappola .

Fu mentre tornavo alla fortezza che lo udii, lo straziante canto della Baashie, un lontano dolcissimo canto di morte, mi fermai un istante, un solo istante per capire il nome che quella voce bellissima stava pronunciando, era il mio?

Fu in quel momento che udii un fischio alle mie spalle e poi un dolore lacerante che mi penetrò la carne fino a levarmi l’aria dai polmoni e un calore intensissimo come fuoco che si propagava per il mio corpo infiammandomi il sangue in un dolore simile a quello provato dalle anime dannate che dimorano all’inferno. E poi la vidi, la bellissima Baashie, la dama bianca che conduce gli uomini alle porte dell’oltretomba, mi stava chiamando con la sua dolcissima voce … mi tendeva le braccia per cingermi nel suo abbraccio di pace. Fissai gli occhi su di lei ma, quando alzai il braccio per afferrare la sua mano, scomparve. Un’altra mano afferrò la mia, una mano forte dalla presa sicura, udii un’altra voce chiamarmi, una voce altrettanto dolce ma intensa e piena di vigore aprii gli occhi a fatica, mi trovavo in bilico sull’orlo di un crepaccio e di fronte a me vidi me stesso. No era Bud il mio fratello gemello, allora mi aveva seguito! Lo ringraziai dal profondo del cuore per la sua fedele dedizione ma questi miei sentimenti non ebbero mai occasione di essere espressi poiché la mia voce si perse nel buio che mi stava avvolgendo.

11– Gemelli –

Afferrai mio fratello un istante prima che precipitasse lungo il burrone che costeggiava il sentiero che stava percorrendo per tornare alla fortezza del Walhalla. Con uno strattone portai tutto il suo peso contro la mia persona, in modo da sbilanciarmi all’indietro contro la parete di roccia alle mie spalle e quindi raggiungere una posizione di sicura stabilità.

Ero immobile, ora, il corpo di mio fratello stretto contro il mio petto, il pugnale d’oro con inciso il mio nome nella mano libera, il volto bellissimo della Baashie di fronte a me.

La dama bianca che mi stava di fronte mi osservava perplessa. Forse perché le anime dei gemelli sono legate indissolubilmente anche oltre la morte, e la fanciulla dal corpo di bruma che mi stava di fronte, sapeva che se voleva l’anima di mio fratello avrebbe dovuto attendere il momento in cui pronunciare anche il mio nome, ma non era destino che la mia vita finisse ora O forse mi guardava perplessa perché siamo fatti della stessa sostanza? Entrambi esseri d’ombra, entrambi creature senza colore.

Istintivamente alzai lo sguardo per rivolgerlo ai suoi occhi, occhi dal colore indefinito come l’ombra, occhi allo stesso tempo giovani e vecchi, tristi e felici. All’improvviso sulle sue labbra affiorò, fugace, un sorriso, poi levò la mano sottile in un cenno di saluto, e si voltò gettandosi tra le nuvole e divenendo parte di esse. Sentii la sua dolcissima voce disperdersi nell’aria, non in un canto di morte ma in un canto di saluto lieve come la pioggia tra le foglie.

Mi riebbi da questa specie di sogno quando sentii l’esile corpo di Syd fremere al gelido vento, la sua pelle ardeva come fosse preda del fuoco, dovevo trovare un luogo sicuro dove portarlo, lontano dalla fortezza del Walhalla.

Tornate a casa” ebbi l’impressione di udire queste parole nel vento, parole sussurrate da una voce di donna. Che la madre che, dalla Casa dei Padri, veglia su di noi mi stesse parlando?

In ogni caso lì, a casa, nessuno ci avrebbe cercato. Sollevai tra le braccia il corpo esanime di mio fratello Syd e mi incamminai verso il palazzo che appartiene alla nostra famiglia da secoli. “Ti porto a casa Syd…” sussurrai, mentre la mia voce che si perdeva nel vento gelido del nord.

12 – Ritorno a casa-

Quando giungemmo la villa era avvolta nell’oscurità, accesi una candela prestando attenzione alle faville che si staccavano dalla sua fiamma, e deposi Syd su alcune pelli che distesi sul pavimento. Mi accinsi poi ad accendere un fuoco nel camino, dopo aver purificato la legna con erbe e sale.

Mi volsi verso Syd e iniziai a spogliarlo dell’armatura, lentamente, sganciando con cura ogni singolo pezzo della corazza. Era fredda e pesante, come se ogni piastra fosse carica del peso dell’odio che un tempo nutrii per mio fratello a causa di queste vestigia. Per ultimo sganciai il pettorale, era composto di due parti una piastra dietro ed una davanti sulla quale brillava lo zaffiro custode della stella Mizar.

La piastra posta sulla schiena era spaccata e appariva annerita come dal fuoco e su di essa il sangue di Syd brillava alla luce delle fiamme. Gemette quando lo sollevai per liberarlo dell’ultima parte della corazza. Osservai la ferita, era profonda e sanguinava ancora ed intorno ad essa vi era un alone violaceo che si estendeva con una forma stellata, non mi piaceva, non sapevo se sarei riuscito a curare una ferita simile da solo ma,prima di chiedere aiuto,avrei tentato tutto.

19- Il coraggio della tigre-

Albeggiava, e la stanza in cui mi trovavo veniva inondata della luce argentea dell’aurora.

Mio fratello Syd, steso accanto a me dormiva tranquillamente dopo una notte tormentata dalla febbre e dalla sofferenza arrecatagli dalla ferita alla spalla che sembrava non dare segni di miglioramento. Cominciavo a convincermi che fosse stata causata da un dardo sul quale era stato gettato in qualche modo un incantesimo o una maledizione, primo perché aveva perforato l’armatura di mitril di Syd e poi perché ren­deva quella ferita praticamente inguaribile con mezzi umani.

Mi alzai per andare a prendere dell’acqua con cui bagnare il corpo del giovane guerriero che giaceva soffe­rente, nel tentativo di far si che la febbre che lo tormentava scendesse almeno un po’. Sapevo di non essere in grado di curare quella ferita ma, cos’altro potevo fare… chiedere aiuto,non alla regina di Asgardh non dopo quello che mi aveva fatto

Calai il secchio nel pozzo coperto che si trovava nel cortile interno del palazzo e versai l’acqua in un piccolo bacile. Rientrai e mi soffermai a guardare la stanza polverosa dove mi trovavo, “il nostro palazzo” pensai mentre mi pareva di udire le risate di un fanciullo che giocava con un coniglio dal mantello bianco.

Alzai gli occhi e mi trovai ad incrociare il dolce sguardo di nostra madre e quello benevolo di nostro pa­dre, ritratti in un quadro appeso alla parete, e pensai con una stretta al cuore all’unico momento in cui potei in­contrare i loro occhi .

Il ricordo di quel giorno irruppe violentemente nella mia mente, il coniglio bianco, il ragazzo dai capelli d’argento e i suoi genitori, i loro sorrisi, il sorriso che il fanciullo dal suo puledro mi rivolse prima di andar­sene e dopo avermi lasciato il suo pugnale d’oro e la rabbia, il rancore l’odio che provai per loro.

Come ho potuto essere tanto ingrato? Avrei dovuto ringraziare il buon cuore dei miei genitori se ancora ero vivo, la nobiltà che impedì loro di dare la morte al loro figlio perché nato gemello,affidandolo alle cure di un boscaiolo senza figli. Ma invece fui cieco, male­dii la sorte e mi accanii contro mio fratello desiderandone la morte, con il beneplacito della regina di Asgardh, e solo a un passo dalla fine mi resi conto di quanto tutto questo fosse folle ed insensato.

Salutai i miei genitori che mi guardavano dal ritratto con un cenno del capo e tornai dal ragazzo che giaceva nel letto a baldacchino dalle tende scarlatte.

Il sole stava tramontando dietro le montagne e inondava di luce dorata il giardino dove, distesi tra la tenera erba primaverile io e mio fratello Syd stavamo giocando come due cuccioli di tigre. Ad un tratto sentii qual­cosa di tenero e morbido sfiorarmi la mano, la allungai e la strinsi intorno alle orecchie di un delizioso coni­glietto dal candido manto, lo sollevai per posarlo sul mio petto mentre mio fratello si avvicinava per grattarlo sotto il muso.

Bud! Syd!” sentii una voce chiamarci, era nostra madre che ci stava invitando a rientrare a casa rimproveran­doci, perché ci eravamo sporcati gli abiti di seta e facendoci notare che così assomigliavamo più a due ragazzi figli di boscaioli che ha due piccoli principi.

Mi svegliai con un sussulto a quelle parole, e udii una flebile voce pronunciare il mio nome. Alzai lo sguardo e vidi che mio fratello, era sveglio e mi guardava sorridendo.

Stavi sognando?” mi chiese in un sussurro.

Gli risposi con un cenno

Hai sete ?” gli chiesi poi conciso

Mi rispose con un cenno del capo, gli occhi resi lucidi dalla febbre, ombreggiati da alcune ciocche argentee che umide di sudore gli ricadevano scompigliate sulla fronte.

fratello?” disse mentre beveva,la voce resa roca dal dolore

devi fare una cosa per me”continuò mentre lo adagiavo sui cuscini annuendo con il capo.

prendi il mio mantello,nella tasca…c’è un messaggio…devi recapitarlo alla regina…al posto mio…è importante”

e tu…rimarrai da solo” gli risposi con sgomento

non importa…”sussurrò in modo quasi impercettibile…

no…non ti lascerò” risposi

Quelle furono le ultime parole che scambiai con il cavaliere di Mizar nel periodo che passammo nella nostra casa natale poiché le sue condizioni peggiorarono ulteriormente.

Fu durante una notte passata insonne a vegliare su di lui che la vidi accanto alla porta del giardino, su cui si apriva la stanza, la Baashie la fanciulla di bruma che doveva portare con se il ragazzo che giaceva tra le can­dide lenzuola. Guardava me, mi mossi verso lei deciso ad impedirle di cantare ma essa rimase muta. Mi fissò intensamente con i suoi profondi occhi dal mistico fascino ,sussurrò qualcosa e voltandosi mi indicò il nord laddove la stella Polaris splende sovrana, poi scomparve in una nuvola argentea come i raggi della luna.

Allora compresi ciò che dovevo fare, dovevo rivolgermi a lei, alla regina che mi aveva istigato contro mio fratello fino a farmene cercare la morte. Tutti dicono che ora sia diversa e la venerano come una dea, io però non mi fido e provo un profondo timore ad affidarmi a lei ma purtroppo non avevo alternative. Decisi quindi di incamminarmi verso il palazzo del Walhalla, raccogliendo tutto il mio coraggio, lasciai Syd da solo e portai con me il suo messaggio, lo affidai con una preghiera a nostra madre e nostro padre perché,dalla casa dei padri,lo proteggessero con il loro amore facendo si che nella nostra casa natale potesse essere stato al sicuro, puntai lo sguardo sulla stella Polaris e mi incamminai.

13- L’accampamento ai piedi della fortezza –

Quando sorse la Luna del Ritorno alla vita io, la somma Regina di Asgardh Hilda di Polaris, ricevetti il messaggio che attendevo, il comandante del drappello nemico mi concedeva un incontro presso la sua tenda nell’accampamento che si stendeva ai confini della Foresta Sacra. Non per mano di Syd di Mizar mi giunse però questo messaggio,bensi per mano della sua ombra il guerriero protetto e guidato dalla stella gemella di Mizar: Alcor, dal quale appresi anche dell’infausto destino che si abbatté sul sacro guerriero,ora ricoverato e protetto nella sua casa natale…prima di partire per questa delicata missione provvedetti a mandare dei soccorsi presso a casa natale di Sid di Mizar perché si occupassero di lui e lo riconducessero al palazzo del Walhalla.

Entrammo nell’accampamento nemico, quando il sole iniziò il suo cammino verso il tramonto, la luce or­mai ombreggiata dalla prossima venuta della notte, dava al paesaggio circostante un aspetto lugubre, il silen­zio era innaturale e la presenza, numerosa, dei nostri nemici, era resa evidente solo dal luccicare delle loro armi nelle tenebre.

L’accampamento non era molto grande, quindi in pochi minuti giungemmo alla tenda centrale, quella che ospitava il luogotenente del comandante di questo gruppo di sovversivi che ci aveva dichiarato guerra con pretese di conquista sui territori di Asgard, da tempo ormai liberi e consacrati al culto di Odino.

Giunti alle porte della tenda, rimasi sorpresa di vedere di fronte a me un uomo dai modi e l’aspetto raffinati di un aristocratico. dallo sguardo che mi rivolse Compresi che si trattava del mio interlocutore, compresi anche che, era un avversario pericolosissimo e votato al male. Mi sorrise, e con un inchino di falsa cortesia, mi fece cenno di entrare “Benvenuta nella mia umile dimora, nobile Regina di Asgard” sibilò prendendomi la mano per accompagnarmi all’interno della tenda con viscida galanteria. Sostenni lo sguardo di quell’uomo ripugnante e con gelida ed elegante compostezza ritrassi la mano avviandomi oltre l’ingresso. L’uomo accanto a me mi seguì con lo sguardo mentre le sue labbra si incurvavano in un sarcastico sorriso Rivolsi allora, un sguardo fugace a Siegfried che avanzava al mio fianco, il volto impassibile, quasi marmoreo, i severi occhi di ghiaccio fissi su di lui.

Posso stare tranquilla…” pensai “…finche lui sarà qui non ho nulla da temere…” pensai rivolgendo un al­tro sguardo alla figura del guerriero semicelata dall’oscurità. L’aria umida era impregnata di tensione e, anche se non li vedevo, avvertivo chiaramente la presenza di molti nemici celati tra le ombre all’interno della tenda. Pensai allora ai miei armigeri disposti subito fuori di essa, e al drappello di soldati fermi alle porte dell’accampamento e poi al mio cavaliere prediletto che mi aveva scortato fin lì. Non avevo nulla da temere, avanzai all’interno della tenda e mi sedetti dove il mio ospite mi fece cenno, un piccolo fuoco crepitava al mio fianco dandomi la possibilità di intravedere solo la sagoma e gli occhi scintillanti di colui che mi stava di fonte.

14 –